Giuseppe Gioachino BelliRoma 1791-1863Poeta della prima metà dell’Ottocento, noto per i suoi 2279 sonetti in dialetto romanesco, il gergo parlato dallaplebe romana. Scrive anche molte poesie in lingua italiana di più modesto valore letterario.Raccoglie nel suo Zibaldone oltre 4.500 schede su vari argomenti dicarattere storico, artistico, scientifico e di costume. Notevole è il suoEpistolario le cui lettere erano indirizzate, oltre che ai propri familiari, aitanti amici tra i quali alcuni marchigiani. Nato da famiglia benestante, resta orfano di padre e poi di madre intenera età. Conoscerà la povertà e l’ostilità dei parenti. A 25 anni sposauna ricca vedova e potrà viaggiare e conoscere persone e nuove idee.Raggiungerà le grandi città come Venezia, Napoli, Firenze e Milano. Piùvolte si recherà in Umbria e nelle Marche. Visiterà le cittadine del Piceno,della Marca Maceratese e Anconetana, quelle lungo la vecchia via flaminia che porta a Pesaro. Attorno ai quarant’anni scriverà ininterrottamente in romanesco usando illinguaggio, a volte crudo del popolo, senza risparmiare con la sua satira ilpotere temporale e religioso. La morte di sua moglie, le nuove ristrettezze economiche, lepreoccupazioni per la vita e la carriera di suo figlio, rallenteranno la suaproduzione letteraria e tornerà a frequentare le accademie dell’arcadia romana. Negli anni della sua vecchiaia, ammalato e ipocondriaco, versificherà gli inni latini del breviario romano e perquesto riceverà anche una medaglia d’oro dalle mani del Pontefice Pio IX. Morirà attorniato dai suoi nipoti, divenuti anche loro orfani di madre.